In questo strano periodo una bella notizia: una foto, che ho scattato durante la mia visita a Stoccolma dello scorso anno, è entrata a far parte della versione cartacea dell'annuario "Pentaxians 2019". Si tratta forse della community degli user Pentax più influente nel pianeta di Facebook, della quale faccio parte da un paio di anni. Invece, per i miei scatti, uso fotocamere Pentax dal 1984, erano i tempi della mia prima "Me super". La foto è stata scattata presso l'open-air museum di Skansen, dove sono presenti tutte le tradizioni svedesi, con case, mobili, attrezzi e figuranti. Come spesso accade, oltre alla tecnica, ci vuole un po' di fortuna (condizioni di luce, assenza di visitatori dall'inquadratura, posa del soggetto...) e la prontezza nel coglierla.
Periferia in 35 mm
Eccomi di nuovo, alle prese con la fotografia analogica per una serie di immagini scattate in un ambiente non sempre facile da raccontare: la periferia di una città, tutto sommato ancora abbastanza provinciale, come Verona. Questo ambiente di confine, che separa l'agglomerato urbano dalla campagna, alterna piccole aree, in cui sono presenti realtà produttive con un look moderno che rimanda alla "Silicon Valley", a vaste zone con vecchie strutture, spesso semiabbandonate. Nel corso dei decenni il nascere e il morire delle attività commerciali e industriali è stato il termometro dell'andamento economico del territorio. Come una lenta marea, l'avanzare e il ritirarsi della natura incolta, ha creato un mosaico in cui ogni tessera è un microcosmo a sé, immobile e apparentemente senza tempo, almeno fino alla prossima mossa delle ruspe!
Esplorando questi territori con una fotocamera appesa al collo, tra sterpaglie, capannoni abbandonati, fabbriche in funzione e binari morti, le possibilità fotografiche sono molte ma non facili da cogliere. Bisogna avere uno sguardo allenato e sensibile. Il Fotografo, quando si trova ad attraversare un qualsiasi luogo, nota sempre, anche inconsciamente, la luce, le ombre, le linee, le situazioni e le coincidenze che gli suggeriscono spunti fotografici, è come se fotografasse sempre con gli occhi condividendo le immagini con cuore, spirito e mente. Anche nella mio piccolo vivo questa esperienza: le foto che ho scattato fisicamente, tra digitale e analogico, seriale e artistico, sono decine di migliaia. Ma infinitamente di più sono quelle che ho registrato solo dentro di me e che cerco di far emergere quando effettivamente scatto su pellicola o sensore. Ecco quindi che una foto non è solo rappresentativa di quel soggetto momentaneo, ma un connubio tra la realtà e lo sguardo interiore del fotografo.
Così vissuta, la fotografia diventa una cosa molto personale, meritando l'appellativo di arte. Infatti ogni fotografo riprodurrà lo stesso paesaggio con esiti molto diversi, nonostante l'idea comune di una certa meccanicità del processo fotografico. In questo genere, ma un po' in tutta la fotografia, bisogna rifuggire dalla tentazione di copiare, o di ispirarsi troppo, allo stile di altri o di allinearsi alle mode del momento, come ad esempio un certo gusto nell'immortalare lo sfacelo dei luoghi abbandonati, esaltandolo in post-produzione, un gusto che sembra imperare in questi tempi.
Cerchiamo di percorrere invece la via stretta: troviamo lo straordinario dove non lo vede nessuno, mettiamo insieme soggetto, luce, composizione e momento per fare delle foto uniche nella loro apparente normalità; creiamoci un linguaggio nostro. Se qualcuno ci dice "il tuo stile mi ricorda quello di Gabriele Basilico" non prendiamolo come un complimento ma come un un buon punto di partenza...
Per questa serie di immagini ho rispolverato la vecchia Pentax ME super reflex analogica 35mm, con obbiettivi Pentax SMC 28mm f/2.8 e Pentax 50mm f/1.4. Pellicola Kodacolor 200. Negativo digitalizzato con Nikon Super cool-scan 4000ED.
Fotografie a km 0
Questo 2020, seppure ancora agli inizi, ha già la sua ragione per essere tristemente ricordato: il diffondersi dell'epidemia del Coronavirus. Anche chi non è stato coinvolto direttamente si è comunque dovuto adattare alle limitazioni degli spostamenti, per evitare il diffondersi del contagio.
Con la primavera alle porte, e impossibilitati quindi ad uscire di casa, non rimane che sfruttare i pochi metri quadrati di prato dietro casa, per sperimentare tecniche e combinazioni inedite con l'attrezzatura fotografica. Scatti a km 0, senza la pretesa di creare capolavori, ma con la voglia di sperimentare soluzioni nuove.
Tutte le foto sono state realizzate con una Pentax K-70 con obbiettivo SMC Pentax-A 100mm Macro (lente prodotta negli anni 80'!), messa a fuoco rigorosamente manuale.
Nelle quattro foto seguenti è stata utilizzata la funzione di esposizione multipla, presente sulla K-70, ispirata alla tecnica omonima su pellicola, che permetteva di esporre più immagini sullo stesso fotogramma. In questa versione digitale si scelgono alcuni parametri, tra cui il numero degli scatti e una modalità di sovrapposizione (che sono 3 in tutto), non ci sono anteprime particolari e il risultato si vede solo alla fine... più o meno come sull'analogico, con però il vantaggio di non dover aspettare lo sviluppo del rullino.
Streetstyle fashion - FW19-20
Ed eccoci alle ultime foto della stagione invernale 2019-2020 per Dada calzature e moda di Verona.
È stato scelto un mood streetstyle per uno shooting veloce, che mantenesse il focus sui capispalla e la pelletteria della collezione. Alcune vie del centro storico di Verona hanno fatto da sfondo e la vicinanza alla sede del negozio ha aiutato dal punto di vista logistico. Noemi ha contribuito alla riuscita delle foto non solo nella definizione degli outfit, ma mettendoci anche la faccia e non solo!
Model: Noemi
Luce naturale
Pentax K-70 e zoom Pentax DA 50-200 f/4-5.6 ED WR
È stato scelto un mood streetstyle per uno shooting veloce, che mantenesse il focus sui capispalla e la pelletteria della collezione. Alcune vie del centro storico di Verona hanno fatto da sfondo e la vicinanza alla sede del negozio ha aiutato dal punto di vista logistico. Noemi ha contribuito alla riuscita delle foto non solo nella definizione degli outfit, ma mettendoci anche la faccia e non solo!
Model: Noemi
Luce naturale
Pentax K-70 e zoom Pentax DA 50-200 f/4-5.6 ED WR
ZAI d'inverno.
La zona industriale di una città, attraversata frettolosamente, non sempre riesce ad essere fonte di ispirazione per degli scatti fotografici. In alcune zone, dove sono insediate delle aziende moderne con edifici piacevoli dal punto di vista estetico, si possono fare delle foto che ne evidenziano i caratteri architettonici ma, la gran parte di queste aree, danno una sensazione di trascuratezza se non di abbandono che a prima vista poco invita all'uso della fotocamera.
Per riuscire ad ottenere immagini interessanti, in questi luoghi, bisogna avere tempo per allenarsi e scarpe buone per percorrere a piedi i lunghi rettilinei bordati di capannoni industriali. Le prime volte il bottino, sotto forma di numero di foto buone, non sarà molto pesante ma è il prezzo da pagare per capire la grammatica di questo genere fotografico. Poi verrà naturale, anche passando per caso in automobile, di circoscrivere delle zone interessanti da esplorare in seguito.
Non serve un'attrezzatura particolare per questo genere fotografico, l'ideale è usare la macchina fotografica con cui ci si trova meglio, un eventuale fattore per la scelta potrebbe essere dato dalle dimensioni: se poco vistosa si darà meno nell'occhio e ci si sentirà di più a proprio agio. Una mirrorless o una compatta, con un sensore di buona qualità, potrebbero essere una valida scelta; le lunghezze focali grandangolari, di solito, sono le più indicate, ma questo dipende anche dall'effetto finale che vogliamo ottenere.
Per partire con il piede giusto, infatti, bisognerebbe avere ben chiaro lo stile da dare alle nostre immagini: bianconero o colore? Contrasti di luce/colore o immagini soft? Presenza delle persone o surreali panoramiche senza figure? Enfatizzare un certo degrado o immagini pulite? Conviene prendere ispirazione dai grandi fotografi per vedere quali toccano di più la nostra sensibilità, senza cercare di copiarli del tutto, ma usandoli per dare una prima direzione alla scoperta del nostro modo di esprimerci con la macchina fotografica.
Non guasta poi una certa capacità nella post-produzione, per dare personalità e senso di continuità ai nostri shooting urbani. Non si tratta di stravolgere le foto, ma di ottimizzare alcuni aspetti che sul campo sono più difficili da curare. L'inquadratura prima di tutto che, in questo genere fotografico, è quanto mai essenziale e può dare un significato alla foto oppure renderla del tutto anonima. Poi seguono le nostre scelte stilistiche riguardo colore e contrasto per renderle coerenti alla nostra idea. Infine qualche ritocco per eliminare degli elemento di disturbo ci può stare ma, personalmente, non andrei a modificare pesantemente il paesaggio urbano per evitare il rischio di renderlo troppo astratto...
Per questa serie invernale ho usato una vecchia compatta Panasonic DMC-F3 da 12 megapixel che ha nella discreta qualità delle immagini e nelle dimensioni molto contenute i suoi punti di forza. Post-produzione in Photoshop.
Berlino in film
Riprendo in mano il blog dopo un lungo periodo di inattività: Facebook e soprattutto Instagram invitano a pubblicare post velocemente e senza pensieri, o meglio senza pensarci e in pochi secondi. Il blog invece è uno strumento che invita a soffermarsi di più su ciò che si pubblica, a motivare il perché si scatta e si pubblica una foto, oltre a costringerci ad un ripasso della lingua italiana che non guasta mai.
Novembre 2019
Ultimamente mi capita di avere nostalgia della fotografia analogica, su pellicola per capirci; probabilmente non sono l'unico con questo desiderio, visto che molte aziende hanno fatto resuscitare i vecchi rullini, ed in giro è tutto un fiorire di siti e gruppi che radunano vecchi nostalgici, ma anche nuove leve, della fotografia monitorless.
Riparto quindi con alcuni scatti eseguiti nel novembre scorso a Berlino, con una fotocamera usa e getta dotata di pellicola Kodacolor 800, per giunta scaduta da qualche anno.
La metropoli tedesca è sempre un ottimo campo di prova e ispirazione per qualsiasi tecnica e tipologia fotografica benché, nelle poche e veloci permanenze, l'abbia sempre trovata un po' ostica per il clima, per la confusione o per i perenni lavori in corso.
Avendo a disposizione questa macchinetta Kodak usa e getta, dimenticata nel cassetto da qualche anno, ho colto l'occasione per ritrovare lo spirito dei maestri della fotografia del '900. Beh, magari loro usavano una Leica, ma anche usare una fotocamera così spartana, con un mirino che non permette inquadrature precise, nessun controllo possibile in fase di ripresa e soprattutto una lunga attesa prima di avere tra le mani il negativo, aiuta a ritrovare un approccio molto diverso rispetto allo scattare un selfie con il telefonino.
Ecco quindi, in queste foto, il resoconto di una giornata berlinese, dove la grana e i colori freddi della pellicola hanno restituito il clima nordico della città.
La procedura normale sarebbe stata quella di consegnare il negativo ad un laboratorio per la stampa delle foto. In questo caso ho preferito partire direttamente dai negativi digitalizzandoli con un vecchio scanner Nikon LS 4000ED, una strada seguita da molti per iniziare subito, e in proprio, la fase creativa sugli scatti migliori.
Digitalizzare negativi è un lavoro ricco di sorprese: lontani dal momento dello scatto e nessun riferimento sui reali colori della scena ripresa, solo la memoria può fare da guida; rimane quindi un ampio spazio per la reinterpretazione della realtà. Un aiuto in questo lavoro lo trovo nel software di scansione Vuescan che trovo più veloce e pratico del programma Nikon fornito con lo scanner.
Gli scatti a disposizione su una pellicola non sono centinaia o migliaia, come sui moderni dispositivi digitali, sono al massimo trentasei e non si può quindi scattare a raffica, bisogna invece selezionare l'inquadratura e il momento perfetti prima dello scatto, ma non è sempre facile e spesso si rischia di non avere, in determinate situazioni, uno scatto soddisfacente. Anche se la fotografia su pellicola sembra anacronistica, praticandola si allenano lo sguardo fotografico e la capacità di previsualizzare le foto nella propria mente prima di scattarle, competenze che una volta sviluppate aiutano a migliorare anche la qualità delle nostre foto digitali. Ultimo ma non meno importante: anche il senso critico ne trae vantaggio: sicuramente se si hanno fatto 1000 foto digitali in un viaggio, ciascuna avrà un'attenzione minore, e qualcuna non sarà neanche mai visualizzata a schermo intero, rispetto a qualche decina di negativi da esaminare attentamente per scegliere quali elaborare.
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